La plasmonica è la scienza che studia le interazioni tra luce e metallo ed è utile per le sue applicazioni in biologia, informatica, elettronica, chimica.
Da Stanford un gruppo di scienziati dice di poter apportare netti miglioramenti al settore fotovoltaico realizzando pellicole solari molto più sottili rispetto a quelle in commercio. L’operazione sarebbe possibile grazie alla plasmonica.
Si tratta di una disciplina della fisica, che indaga il comportamento dei plasmoni: oscillazioni di elettroni su una superficie di metallo quando sono eccitati dalla luce.
Questi possono essere gestiti dalla forma della superficie per migliorare il comportamento della luce stessa sul metallo. Cosa hanno fatto, nella fattispecie, gli scienziati di Stanford?
Hanno applicato alla cella dei riflettori plasmonici, costituiti da film estremamente sottili, fatti di argento e caratterizzati da dossi e rientranze, l’effetto finale è molto simile a quello della confezione delle uova: nel momento in cui la luce colpisce la cella, lo strato di argento, per la sua struttura particolare, ne riflette i raggi a 90 gradi costringendoli così a muoversi sulla superficie.
Più sottile è la cella solare, più elettroni arrivano agli elettrodi e si trasformano in elettricità.
L’effetto plasmonico aumenta l’efficienza delle celle a film sottile a pigmento fotosensibile, che al momento non sono competitive con le tecnologie solari più avanzate (arrivano al 25% di efficienza con punte del 40% in laboratorio) e durano circa 20-30 anni.
Grazie alla plasmonica, invece, si può raggiungere il 15% di efficienza e allungare la durata di vita di queste celle fino a dieci anni e con prezzi ridotti. Ecco perché il fotovoltaico potrebbe migliorare il suo rendimento grazie alla plasmonica!